Le rigorose limitazioni alla libertà di spostamento dei singoli individui adottate all’inizio del mese di marzo 2020 allo scopo di contenere il dilagare dell’epidemia di Coronavirus, solo parzialmente attenuate a seguito dell’inizio della cosiddetta Fase 2, hanno determinato qualche interrogativo ma soprattutto più di qualche conflitto tra i coniugi separati/divorziati in merito alle conseguenze concrete che le restrizioni avrebbero avuto sull’esercizio del diritto di visita da parte del genitore non collocatario della prole.
Da questo punto di vista il Governo, nonostante l’emergenza sanitaria, ha sin da principio ritenuto prevalente il diritto dei figli minori alla bigenitorialità, seppur previa adozione di tutte le cautele necessarie alla fattiva salvaguardia della loro salute. Come precisato nelle FAQ diramate tramite il sito istituzionale “governo.it”, i decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri succedutisi nel tempo non hanno mai sospeso i provvedimenti relativi alla regolamentazione dei tempi di permanenza dei figli presso ciascuno dei genitori (cfr. sito web www.governo.it, FAQ 10/03/2020 sezione SPOSTAMENTI: D: “Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli minorenni?”; R: “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un comune all’altro” purché “nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario nonché secondo le modalità previste dal giudice con provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”).
Ciò non di meno, probabilmente anche a causa della rapida successione di provvedimenti normativi conseguenti allo sviluppo, peraltro non omogeneo, dell’epidemia sul territorio, negli ultimi due mesi i Tribunali nazionali sono stati aditi da più di qualche genitore che, ritenendo prevalente l’esigenza di tutela della salute dei figli minori, ha chiesto la sospensione tout court del diritto di visita.
Il primo ad essere investito della questione è stato il Tribunale di Milano, al quale si è rivolto un genitore collocatario chiedendo il pronto rientro presso la propria residenza dei figli minori, all’epoca dimoranti presso l’altro genitore. Il Tribunale ha però rigettato la domanda ritenendo che le previsioni di cui all’art. 1 comma 1 lettera a) del DPCM 8 marzo 2020 n. 11 non precludano l’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori precedentemente adottate (Tribunale di Milano, sezione IX civile, 11/03/2020).
Di analogo avviso anche il Tribunale di Busto Arsizio, secondo il quale il diritto di visita dei genitori separati e divorziati non ha subito limitazioni a seguito della normativa emergenziale per fronteggiare il Coronavirus, in quanto certamente rientrante nelle “situazioni di necessità” che legittimano lo spostamento sul territorio (Tribunale di Busto Arsizio, decreto 3/04/2020).
Il Tribunale di Roma è a propria volta intervenuto in più occasioni sulla questione giungendo alle medesime conclusioni. Con il provvedimento del 7/04/2020 il Giudice dottor Di Giulio ha imposto ad una madre separata che si trovava in vacanza in Trentino Alto Adige di riportare il figlio minore a Roma, dove ad attenderlo c’era il padre con il quale il bambino avrebbe dovuto trascorrere le imminenti festività pasquali. Secondo il Tribunale, infatti, “la frequentazione padre-figlio non espone il minore ad alcun rischio, che non sia quello generale legato all’emergenza sanitaria”. Con ordinanza n. 49853 di pari data il Tribunale capitolino a fronte della condotta di una madre che nelle more del procedimento di separazione, in violazione delle disposizioni del DPCM dd 8/03/2020, aveva condotto i figli in Puglia in piena emergenza sanitaria impedendo al padre di vederli secondo tempi e modi prescritti nell’ordinanza presidenziale, ha ribadito il principio secondo il quale il diritto di visita dei genitori non può essere sospeso dall’epidemia in corso.
Nel bilanciamento degli interessi delle parti, fermo il necessario rispetto delle misure di sicurezza dettate per prevenire il rischio di contagio è stato dunque ritenuto prevalente il diritto dei minori, già sufficientemente provati dalla situazione eccezionale di isolamento forzato, alla frequentazione con il genitore non convivente in considerazione dell’oggettivo contributo che quest’ultimo può offrire all’equilibrio ed al benessere psichico della prole.
Non sono mancate tuttavia pronunce di segno parzialmente opposto.
Ad esempio, il Tribunale di Bari con ordinanza del 26/03/2020 ha accolto l’istanza con la quale la madre aveva chiesto la sospensione delle visite paterne sul presupposto che gli incontri del figlio con il genitore dimorante in un Comune diverso da quello di residenza del minore non rispettassero le condizioni di sicurezza e prudenza fissate dai DPCM, finalizzate al contenimento del contagio da Covid-19 mediante limitazioni dei movimenti dei cittadini sul territorio.
A distanza di pochi giorni, con ordinanza del 30/03/2020 il Tribunale di Terni ha condiviso le medesime conclusioni estendendole anche alle visite cd. “protette”, in quel caso sospese dal Giudice sino al perdurare dell’emergenza sanitaria.
V’è da rilevare però che tanto il Tribunale di Bari quanto quello di Terni, anche al fine di evitare che nelle coppie più conflittuali la quarantena possa essere adoperata per minare le fondamenta del rapporto tra il genitore non collocatario ed il figlio, hanno sottolineato i limiti della sospensione disposta, da considerarsi solo parziale, affermando che la mancata frequentazione personale deve essere ampiamente compensata con tutte quelle forme di comunicazione da remoto che consentano un contatto tra le parti anche di tipo visivo, quali ad esempio le video-chiamate effettuate tramite Whatsapp ovvero tramite la piattaforma Skype.
A ben vedere, quindi, nonostante le soluzioni concretamente adottate dai Tribunali possano sembrare antitetiche, sussiste un denominatore comune a tutte le pronunce: l’affermazione del perdurare anche durante l’emergenza sanitaria dei diritti e dei doveri del genitore non collocatario e la stigmatizzazione delle condotte poste in essere al fine di ostacolare il rapporto dei figli minori con il genitore non convivente.