Il tradimento non comporta solamente l’addebito della separazione ma anche il risarcimento dei danni.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18853 del 15 settembre 2011, ha stabilito che il tradimento, a certe condizioni, comporta anche il risarcimento del danno subito dal coniuge tradito.
Il matrimonio è un negozio giuridico dal quale nascono, per entrambi i coniugi, diritti ed obblighi ed, uno di questi, è il “dovere di fedeltà”. Il venir meno a quest’obbligo ha, di norma, comportato l’addebito della separazione e, conseguentemente, la perdita del diritto al mantenimento e il diritto di ereditare dal coniuge tradito.
La sentenza sopra richiamata, invece, ha riconosciuto il risarcimento a una donna che lamentava, quale diretta causa del tradimento, danni alla salute. La Suprema Corte, pertanto, ha riconosciuto la presenza dei requisiti necessari per accordare il risarcimento: intollerabilità della convivenza e il nesso “causa-effetto” tra la condotta del marito fedifrago e la volontà di separarsi.
Secondo la Cassazione, dunque, “I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi suddetti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c. senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell’azione di risarcimento relativa a detti danni”
In tema di danni morali va specificato, però, che sono risarcibili solo quelli che ledono diritti costituzionalmente garantiti, come per esempio, l’onore, la salute e la riservatezza del coniuge tradito, poiché, solo in questi casi, la legge li definisce “danni non patrimoniali”.